da “Il Giornale delle PMI” del 11/04/2018 – E’ illegittimo l’avviso di accertamento del Fisco che ridetermina un maggiore reddito del contribuente utilizzando spese relative ad anni successivi rispetto a quello accertato.
E’ questo il principio sancito dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna che, con recente sentenza, ha accolto l’appello presentato da un contribuente avverso una sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Modena che invece aveva ritenuto legittimo un avviso di accertamento cd. “redditometro” basato su spese sostenute dal contribuente in anni successivi rispetto a quello accertato (sentenza n.2971/2/2017 pronunciata il 27.06.2017 e depositata in Segreteria il 27/10/2017, Presidente Dott. Maurizio BLOCK, liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sezione Documenti).
Nel caso in questione, il contribuente non aveva indicato alcun reddito nella dichiarazione dei redditi del 2005 e 2006 mentre per l’anno di imposta 2007 aveva dichiarato un reddito di circa 8.000,00 euro.
A seguito di ciò, l’Agenzia delle Entrate di Modena notificava al contribuente un questionario con il quale gli richiedeva di giustificare e documentare le spese sostenute negli anni di imposta 2005-2007.
Il contribuente rispondeva solo parzialmente al predetto questionario e l’Amministrazione Finanziaria gli notificava un avviso di accertamento con il quale rideterminava sinteticamente, ai sensi dell’art.38 commi 4 e 5 del D.P.R. n.600/73, il reddito relativo all’anno di imposta 2007.
Al riguardo, l’Amministrazione Finanziaria precisava, inoltre, di aver ricostruito tale reddito sia sulla base dei beni acquisiti nel patrimonio del contribuente, sia sulla base delle spese da quest’ultimo sostenute per la gestione dei predetti beni.
Il contribuente presentava formale ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Modena contestando la legittimità della ricostruzione operata dall’Ufficio.
Il ricorso veniva rigettato dai Giudici di primo grado, i quali evidenziavano come il ricorrente non avesse fornito alcuna prova contraria volta a confutare la quantificazione redditometrica del reddito effettuata dall’Agenzia delle Entrate.
Il contribuente, quindi, proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, sottolineando come nella motivazione della sentenza impugnata i giudici di primo grado non avessero tenuto conto del principio di diritto sancito dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma con la sentenza n.456/2011, secondo il quale, in caso di rideterminazione sintetica del reddito operata attraverso lo strumento del “redditometro”, il Fisco “può valutare la capacità contributivasolo per il periodo che precede l’anno di imposta che forma oggetto di accertamento, mentre non vanno prese in considerazione le spese determinanti un incremento del patrimonio sostenute in anni successivi a quello dell’accertamento”.
I Giudici di secondo grado, quindi, hanno ritenuto fondato tale motivo d’appello affermando che “…l’incremento patrimoniale da considerare non può non riferirsi all’anno di imposta oggetto di accertamento e solo a quel punto la spesa relativa è sorretta da una presunzione alla luce della quale “la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti”. L’Ufficio per rideterminare sinteticamente il reddito del *** del 2007 non avrebbe dovuto prendere in esame incrementi patrimoniali acquisiti in anni di imposta successivi e il giudice di primo grado avrebbe dovuto, per ciò solo, annullare l’avviso di accertamento”.
Alla luce di quanto sopra esposto ne deriva, dunque, che in caso di rideterminazione sintetica del reddito attraverso l’utilizzo del c.d. “redditometro”, il Fisco non può prendere in considerazione le spese sostenute dal contribuente negli anni successivi a quelli oggetto di accertamento.
Avv. Matteo Sances
Avv. Hiroshi Pisanello
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