da “Altalex” del 30/06/2020 –
Si segnala l’importante sentenza 11 settembre 2019, n. 3401 (testo in calce) del Tribunale di Bari, passata in giudicato nei giorni scorsi, che ha annullato una cartella esattoriale emessa nei confronti di un contribuente per oltre 13 milioni di euro.
Nel caso di specie, il contribuente è riuscito a provare nel corso del processo l’illegittimità delle pretese intimate dall’Agenzia della riscossione – ex Equitalia – poiché esse non risultavano supportate da alcuna prova (le pretese riguardavano presunte sanzioni irrogate dal Ministero delle Politiche Agricole).
Il contribuente, dal canto suo, aveva sempre sostenuto di essere venuto a conoscenza della cartella esattoriale (risalente al 2001) solo una volta ricevuta l’intimazione di pagamento nel 2015.
Purtroppo vane sono risultate le richieste di annullamento delle pretese in via amministrativa da parte del contribuente – giustificate dal fatto di non aver mai ricevuto tale cartella di pagamento e di non conoscere le pretese del Ministero – che dunque è stato costretto ad agire giudizialmente.
Il giudice ha accertato, quindi, come la predetta cartella di pagamento non fosse mai stata notificata all’ignaro contribuente e che comunque le pretese vantate dal Ministero delle Politiche agricole fossero prescritte ormai da tempo.
Nello specifico, il giudice a pagina 4 della sentenza dichiara “… Va osservato che, come si evince dall’atto impugnato, la pretesa impositiva sottesa all’intimazione opposta, notificata 11.07.2015, rinviene il proprio fondamento nella cartella esattoriale n…… asseritamente notificata il 24.10.2001. La tesi difensiva del concessionario non può essere condivisa, non essendo stato documentato alcun atto interruttivo della prescrizione. La documentazione versata in atti da Equitalia, infatti, attestante il perfezionamento di taluni procedimenti notificatori nei confronti dell’opponente, non risulta in alcun modo riconducibile alla pretesa impositiva…”.
Come anticipato la sentenza è definitiva – in quanto non appellata nei termini di legge dall’Amministrazione – e condanna anche il concessionario della riscossione al pagamento delle spese legali per oltre 12.000 euro.
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