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L’IPOTECA DEL FISCO E’ ILLEGITTIMA SE SPROPORZIONATA

da “Giornale delle PMI” del 2/02/2018 – L’iscrizione di ipoteca da parte di Equitalia sugli immobili del contribuente per un valore superiore al doppio del credito vantato dal Fisco viola i principi di proporzionalità e ragionevolezza e risulta quindi illegittima nella parte eccedente il limite imposto dalla legge.

Infatti, secondo il comma 1 dell’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.602 “Decorso inutilmente il termine … il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede.

Tanto è ciò che ha stabilito la Commissione Tributaria regionale del Lazio(sentenza n.5092/11/2017 liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sez. Documenti) in parziale accoglimento del gravame proposto da una contribuente a cui Equitalia, a fronte di un debito pari a poco più di euro 100.000,00 aveva iscritto ipoteca su vari immobili per un valore complessivo superiore a dieci volte il debito della contribuente.

I Giudici della Commissione Tributaria hanno dunque condannato Equitalia a ridurre l’ipoteca sui beni immobili della contribuente.

Nella parte motiva della sentenza in commento, i Giudici hanno ritenuto che la violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, nel caso in cui l’ipoteca superi il doppio dell’importo del debito tributario (e non solo), si concretizzi nell’ingiustificata ed eccessiva sproporzione tra quest’ultimo ed il sacrificio che il contribuente è costretto a patire.

Da tale sproporzione, per giunta, deriverebbe un abuso del diritto da parte dell’Amministrazione creditrice colpevole di un utilizzo distorto dello strumento cautelare preposto dall’ordinamento e previamente ritenuto legittimo nella misura in cui, appunto, non superi il rapporto di proporzionalità stabilito dall’art. 77, comma 1, del D.P.R. n.602/1973.

Richiamando la sentenza della Sezione III della Corte di Cassazione n.6533/2016, i Giudici tributari hanno evidenziato, poi, come l’illegittimità derivante dalla violazione della norma citata rappresenti un corollario teleologico del principio del ‘giusto processo’ garantito a mente dell’art. 111 Cost.

La norma costituzionale, infatti, deve essere interpretata sotto la lente tanto del principio di ‘ragionevole durata del processo’, quanto del principio del ‘giusto processo’, dovendosi riferire tale giustizia non solo alla meritevolezza dell’interesse del creditore di ottenere l’intero, ma anche al divieto di abuso degli strumenti processuali tale da arrecare un maggiore pregiudizio al debitore, di talché, specifica la Commissione Tributaria, “giusto non può essere un processo frutto di abuso per l’esercizio in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela del diritto sostanziale”.

Infatti, se da un lato, il principio di proporzionalità postula l’idoneità del mezzo prescelto rispetto al fine perseguito in ossequio al canone dell’adeguatezza riferito al sacrificio imposto al privato (Cons. di Stato, Sez. IV, 26.02.2015, n.964), dall’altro, il principio di ragionevolezza assurge a criterio guida per garantire la razionalità operativa in seno all’azione dei pubblici poteri da valutarsi, è bene precisarlo, caso per caso.

Ad ogni modo, che si aderisca alla tesi secondo cui l’ipoteca esattoriale, per nulla differendo dal punto di vista dell’efficacia giuridica da quella ordinaria, costituirebbe un diritto reale di garanzia che attribuisce al creditore lo ius distrahendi e lo ius praelationis, con la conseguenza che la disciplina di cui all’art. 77, del D.P.R. n.602/1973, esalterebbe la strumentalità dell’ipoteca rispetto all’azione esecutiva, piuttosto che alla tesi della natura cautelare rispetto alla riscossione (tesi condivisa dall’undicesima Sezione della Commissione Tributaria Regionale Lazio), tale per cui i provvedimenti di fermo e di iscrizione ipotecaria andrebbero, più correttamente, inquadrati nell’alveo delle misure cautelari pro fisco, previste dagli artt. 22 e 23, del D.Lgs. n.472/1997, e dall’art. 69, del R.D. n. 2440/1923, resta il fatto che il discrimen tra liceità o meno del provvedimento adottato dall’Esattore risiede nella tollerabile sacrificabilità della sfera patrimoniale del contribuente, valutabile unicamente rispetto al credito vantato dall’Amministrazione.

A conferma di ciò, basti pensare proprio all’istanza ex art. 22 del D.Lgs. n.472/1997, in cui l’Agente deve indicare tanto la tipologia di misura richiesta, nella specie sequestro ipoteca, quanto i beni su cui intende adottarla, onde consentire al Giudice tributario di esprimere il proprio giudizio contemperando il valore del credito tutelando, da un lato, ed il bene da sottoporre a vincolo, dall’altro.

I profili di illegittimità della violazione del limite imposto dal comma 1 dell’art. 77 del D.P.R. n.602/1973, così come descritti, pertanto, dovrebbero indurre L’Agenzia delle Entrate Riscossione, subentrata ad Equitalia nell’esazione dei tributi, a porre maggiore attenzione in sede di utilizzo e richiesta di applicazione di misure cautelari quale, ad esempio, l’ipoteca.

Dott. Carlo Mormando
Avv. Matteo Sances
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